La Business Process Automation è sempre stata un obiettivo chiave della digitalizzazione, e il dominio del Customer Care non fa eccezione. L’ambizione di ottimizzare le interazioni con i clienti e tutti i processi sottostanti (anche quelli più regolati) attraverso l'automazione ha guidato negli anni ingenti investimenti e innovazioni tecnologiche.
Business Process Automation: l’evoluzione nel servizio ai clienti
L'efficacia e la portata dell’automazione sono vincolate alle capacità del paradigma tecnologico sottostante. Le prime implementazioni si sono quindi concentrate sulle aree a minore complessità e maggiore ripetitività: pensiamo ai primi chatbot, capaci di riconoscere unicamente specifiche parole chiave, o alla Robotic Process Automation (RPA), in grado di emulare le azioni degli agenti umani limitatamente a task rule-based, ovvero all’interno di processi ben definiti e stabili.
Oggi, lo scenario è profondamente diverso. Grazie all’AI, siamo testimoni di una trasformazione radicale, della quale abbiamo colto soltanto la punta dell'iceberg. Il concetto di Business Process Automation (BPA), inteso come orchestrazione e automazione end-to-end di un processo di business, non è cambiato nella sua essenza strategica, ma è completamente diverso il toolkit tecnologico che lo alimenta. Le capacità di comprensione contestuale, di generazione dinamica di contenuti e di apprendimento continuo stanno ridefinendo i confini di ciò che è automatizzabile nel Customer Care.
Come automatizzare i servizi del customer care in 4 mosse
Automatizzare il customer care significa molto più che installare un chatbot o rispondere più velocemente. È un percorso strategico che richiede analisi, visione e scelte tecnologiche mirate. Ecco come iniziare, passo dopo passo.
Mappare i processi e identificare i colli di bottiglia
La prima fase di ogni iniziativa di Business Process Automation è la mappatura dei processi. A seconda della maturità organizzativa e della complessità da gestire, questo può avvenire in diversi modi: si parte da interviste ai referenti di business, sessioni di osservazione sul campo e analisi dei dati disponibili, fino ad arrivare a soluzioni più avanzate come il process mining, che analizza i log dei sistemi per ricostruire flussi reali di lavoro.
Oltre alla rappresentazione del processo, ogni fase va ricondotta alle applicazioni e ai sistemi IT coinvolti, come ad esempio il CRM, il sistema di ticketing, le piattaforme di gestione documentale o i tool di comunicazione. In questa fase è già possibile distinguere le attività ripetitive e a basso valore, da quelle che richiedono un intervento umano per competenza, empatia o giudizio.
Ridisegnare i processi prima di automatizzarli
Automatizzare un processo as-is non è mai molto conveniente. Una buona strategia di Business Process Automation sfrutta l’occasione per ripensare il flusso operativo e adattarlo alle reali esigenze del cliente e del business. In altri termini, conviene adottare un approccio di tipo process reengineering, che si domanda se il processo sia ancora valido nella modalità attuale e/o ci siano passaggi migliorabili.
Solo dopo questa fase è possibile definire le regole di automazione, che possono combinare logiche deterministiche e componenti intelligenti. Un esempio tipico è lo smistamento delle richieste di assistenza: si possono stabilire regole vincolanti, ma per assegnare il giusto livello di priorità, è possibile ricorrere a modelli di machine learning che analizzano contenuti, storico utente e contesto per calcolare uno scoring dinamico.
Attingere all’ecosistema tecnologico per una soluzione su misura
Identificate le aree di processo automatizzabili, il passo successivo è costruire la soluzione più adatta al contesto, partendo ovviamente da un concept per giungere all’implementazione su larga scala. In alcune situazioni, può bastare un’automazione di tipo RPA; in altre, più complesse, è opportuno progettare flussi intelligenti capaci di interagire con l’utente, apprendere dal comportamento e orientare le scelte operative.
Ad esempio, nella gestione dei ticket, molte attività sono ripetitive e ad alto tasso di standardizzazione: apertura della pratica, recupero dei dati da più sistemi, invio di notifiche, aggiornamento. Ma ci sono casi in cui bisogna andare oltre. Per esempio, si può progettare un sistema di Agentic AI che gestisce la prima interazione con il cliente: accoglie la richiesta, raccoglie i documenti necessari, guida nella descrizione del problema, verifica alcune informazioni di base e prepara il contesto per l’intervento umano.
A questo punto, l’automazione può tornare in campo con un modello di machine learning che, sulla base dei dati raccolti, classifica e smista la richiesta verso l’operatore più adatto: non solo in base alle competenze tecniche, ma anche secondo logiche emotive o relazionali.
Definizione dei KPI e costruzione di un ciclo di miglioramento continuo
Una soluzione di Business Process Automation non è completa senza un sistema di misurazione e ottimizzazione continua. Già in fase di progettazione, è essenziale identificare i KPI più adatti per valutare l'efficacia del processo, scegliendoli in base agli obiettivi specifici e agli indicatori strategici del customer care. Tra i KPI più utilizzati in questo ambito troviamo:
- First Contact Resolution (FCR), che misura la capacità di risolvere una richiesta al primo contatto.
- Average Handle Time (AHT), che monitora l’efficienza operativa.
- Net Promoter Score (NPS), che riflette la percezione del cliente e la qualità della CX.
L’automazione deve prevedere dashboard di controllo e sistemi di alert per monitorare l’andamento in tempo reale, rilevare anomalie e misurare le performance nel tempo. Ma soprattutto, deve essere concepita come un sistema dinamico, capace di evolvere: i dati raccolti servono non solo per apportare correttivi, ma per alimentare un ciclo di miglioramento continuo, ridefinendo regole, ottimizzando flussi e integrando nuove funzionalità intelligenti.

