L’analisi degli indicatori chiave di performance, i cosiddetti KPI (Key Performance Indicator), è indispensabile per valutare l’efficacia e l’efficienza di un contact center. Nel caso in cui la gestione del contact center sia data all’esterno in outsourcing, viene inserito già nella stipula del contratto di affidamento del servizio un indicatore KPI che si chiama SLA (Service Level Agreement) e che impegna l’outsourcer a mantenere determinati volumi di chiamate in un tempo prestabilito. Per esempio, rispondendo all’80% delle telefonate entro un minuto. È un parametro a cui tutti gli operatori del contact center si devono attenere e che serve a monitorare l’andamento del lavoro, a individuare gli scostamenti e a circoscrivere le criticità.
Per una panoramica dei diversi KPI, a prescindere dalla tipologia di contact center (outbound o inbound) in cui vengono adoperati, è utile procedere con un raggruppamento in tre macroaree - efficacia, efficienze e qualità - ciascuna delle quali focalizzata su un aspetto specifico del “che cosa misurare” al fine di valutare le performance. Successivamente, ci concentreremo su un KPI in particolare, sul benchmarking e sull’impiego dell’AI in quest’ambito.
First Call Resolution (FCR) e Average Handle Time (AHT): misurare l'efficacia del contact center
Rientrano negli indicatori di efficacia di un contact center quelli che rispondono alla domanda: risultato raggiunto? In quanto tempo? Per esempio, il First Call Resolution misura la percentuale di chiamate che hanno permesso di risolvere il problema del cliente fin dal primo contatto. Preso da solo, questo indicatore permette di leggere solo un aspetto. Sapere, cioè, che un tot numero di telefonate è efficace sin da subito, ma non si sa a che prezzo. Per questo, il First Call Resolution deve essere associato alla Call Duration (o Average Handle Time), cioè al tempo medio (che si aggira attorno ai 4 minuti) della conversazione con il cliente. In tal modo, si può capire se la soluzione ottenuta, già in prima battuta, abbia richiesto un tempo minore o maggiore rispetto a quello definito come standard.
Cost per Call, ASA e Occupancy Rate: valutare l'efficienza operativa
In che modo è stato raggiunto il risultato? Con quanto dispendio di energia? Una delle metriche principali per misurare l’efficienza di un contact center è il Cost per Call, grazie al quale è possibile “prezzare” una chiamata, calcolata ovviamente su una determinata unità di tempo. Ma non bisogna sottovalutare un altro indicatore: l’ASA, Average Speed of Answer, il quale misura il tempo medio di attesa prima che il cliente parli con l’operatore, al netto di quello trascorso in precedenza (navigando tramite il sistema di risposta automatica), il cosiddetto Interactive Voice Response (IVR). L’ASA va integrato con l’Occupancy Rate, cioè con il tasso di tempo richiesto all’operatore di telemarketing, al telefono e dopo, per concludere la singola pratica.
Customer Satisfaction (CSAT) e Net Promoter Score (NPS): indicatori di qualità del servizio
Efficacia ed efficienza senza qualità sarebbero parametri economicamente significativi, ma poco rilevanti dal punto di vista strategico. Sì, ma come si misura il livello di qualità di un contact center? Mediante indicatori rivolti verso l’esterno che consentano di ricavare informazioni sulla Customer Satisfaction, cioè sulla soddisfazione del cliente. Gli strumenti classici per rilevarla sono le survey e le indagini post chiamata. In genere, le fonti da cui arrivano i dati sulla quota di soddisfazione del cliente dovrebbero convergere verso una percentuale che non scenda al di sotto del 90%. In questo modo la Customer Satisfaction diventa una controprova oggettiva che gli indicatori di efficacia ed efficienza del contact center sono direttamente correlati a un reale incremento di engagement e brand awareness.
KPI avanzati per contact center omnicanale
In un contact center omnicanale è fondamentale monitorare KPI specifici per ogni canale di comunicazione. Nelle chat, ad esempio, contano il tempo medio di risposta e la durata della sessione; via email, il tempo di primo contatto e il tasso di risoluzione al primo messaggio; sui social, la velocità di reazione e il sentiment dei commenti. Ogni canale ha le sue metriche, e analizzarle permette di individuare colli di bottiglia e migliorare l’esperienza complessiva del cliente mantenendo coerenza e qualità su tutti i touchpoint.
Logicamente, è poi necessario ottenere una visione unificata delle performance. Per questo, occorre integrare tutti i dati in una dashboard centralizzata, capace di aggregare i KPI per canale in tempo reale. In questo modo, i responsabili del contact center possono monitorare l’intera customer journey, confrontare le performance tra canali e prendere decisioni più rapide e mirate, basate su una visione d’insieme coerente.
L’importanza del Customer Effort Score (CES)
Tra i KPI più interessanti (e utili) per valutare la qualità dell’esperienza cliente c’è il Customer Effort Score (CES). Questo indicatore misura l’effort, lo sforzo che il cliente percepisce di dover compiere per risolvere un problema o completare una determinata azione durante la relazione con il brand. A differenza della soddisfazione o della fedeltà, il CES mette a fuoco l’attrito: meno passaggi, meno complessità e più efficienza sono non soltanto i valori registrati, ma anche gli obiettivi di questa metrica. Un punteggio basso può portare a una maggiore fidelizzazione e a un minor tasso di contatto ripetuto (che porta all’abbandono), rendendolo uno strumento prezioso per migliorare i processi di supporto.
Utilizzo dell’Intelligenza Artificiale per l’analisi dei KPI
Anche in quest’ambito, l’intelligenza artificiale offre strumenti avanzati per trasformare i dati in insight strategici. Oltre al machine learning e all’analisi predittiva – utili per anticipare volumi di contatto, picchi stagionali o comportamenti ricorrenti – l’AI integra componenti di Natural Language Processing (NLP) capaci di analizzare contenuti testuali e vocali in modo profondo.
Tramite l’analisi del sentiment è possibile comprendere lo stato emotivo del cliente, ma anche verificare l’aderenza degli operatori alle policy aziendali, rilevare lacune nelle conoscenze (ad esempio su determinati prodotti o procedure) e persino valutare soft skills come empatia, chiarezza espositiva o gestione del conflitto.
Benchmarking dei KPI nel settore dei contact center
Confrontare i propri KPI con quelli di altri contact center può essere utile per avere un riferimento generale, ma non deve diventare l’unico metro di valutazione. I benchmark di settore esistono – per esempio sui tempi medi di risposta o sulla first contact resolution – ma ogni organizzazione ha la propria storia, i propri clienti e le proprie dinamiche operative.
Quello che conta davvero è il confronto con se stessi, ovvero capire se le performance stiano migliorando o peggiorando nel tempo. Monitorare i KPI in modo continuo permette di individuare trend interni, misurare l’impatto delle azioni correttive, valutare i risultati delle campagne o dei cambiamenti nei processi. In questo senso, il benchmarking più prezioso è quello che si fa giorno dopo giorno, sui propri dati, per crescere in modo sostenibile e consapevole.

